«Avrò fiducia e non avrò paura»

RUTH INGRAHAM

Da L’Araldo della Scienza Cristiana – 9 novembre 2021 – Originariamente pubblicato sul numero del 17 agosto 1935 del Christian Science Sentinel

Assorta nei suoi pensieri plumbei e turbati, un’allieva della Scienza Cristiana camminava avanti e indietro calcando il pavimento del suo ufficio. Era palesemente preoccupata. Era concentrata sugli inutili tentativi di risolvere problemi opprimenti valutando tutti i possibili metodi e mezzi umani per affrontarli: prendendo in considerazione e poi accantonando questo o quell’elemento di un piano, allo stesso modo in cui si cercherebbe di mettere insieme i pezzi dell’immagine di un puzzle, senza riuscirne a trovare alcuni pezzi fondamentali. L’allieva si rese conto che questo tipo di ragionamento non era scientifico né utile, e il solo pensiero di questo fatto era di per se stesso opprimente, perché le pesava sulla coscienza. Eppure la tentazione di esaminare attentamente i diversi suggerimenti della mente mortale, in una situazione che sembrava così grave, era molto forte. All’improvviso, senza intenzionalità, le venne in mente una frase formulata in modo chiaro, come se fosse stata pronunciata ad alta voce: “Essere preoccupati è un’abituale mancanza di fiducia in Dio”.

Questo quieto commento mentale la scosse al punto da rendersi conto di quello che stava facendo veramente. Interruppe i suoi ragionamenti confusi con la stessa rapidità con cui la mano alzata di un vigile arresta il traffico indisciplinato e porta ordine al caos. Ripeté le parole ad alta voce in una sorta di rimprovero a se stessa: “Essere preoccupati è un’abituale mancanza di fiducia in Dio”. Poi si chiese: Come fa un cristiano a mancare abitualmente di fiducia in ciò che professa? È possibile aver fiducia e sfiducia in Dio contemporaneamente? Sicuramente no. Allora cosa sto facendo? In quello stesso momento decise di smettere di preoccuparsi – smettere di mancare di fiducia in Dio.

Un dizionario inglese definisce il verbo transitivo «preoccupare» come: «importunare inseguendo; strappare con i denti; molestare con insistenza, o con cura ed ansia». Il verbo intransitivo indica lo stato d’essere sottoposto a tale trattamento. Ora, chi o che cosa nell’universo armonioso e sereno di Dio potrebbe infliggere o subire una tale discordia? Ovviamente Dio non ha introdotto nella sua creazione un elemento dissimile da Se stesso. Le esortazioni dell’Amore divino non possono avere questo effetto, poiché tendono sempre a calmare e guarire. L’Amore guida; non trascina, non insegue né punisce i suoi amati figli; né elabora continuamente problemi e rompicapo incomprensibili per i Suoi figli, che, impegnati a tentare di risolverli, rimarrebbero con pochissimo tempo da dedicare a Dio.

La preoccupazione non permette di svolgere al meglio il proprio lavoro quotidiano, in qualsiasi ambito; l’elemento di distrazione causato dalla preoccupazione impedisce di prestare la dovuta attenzione a ciò che si deve fare; il proprio punto di vista rischia di essere distorto come anche la propria capacità di giudicare. Esaminando le circostanze, ci si rende conto che nel momento in cui ci si preoccupa, si sta mancando di fiducia in Dio; inoltre si sta cercando di credere in ciò su cui si sa di non poter fare affidamento, essendo consapevoli della fallibilità della pianificazione e dei metodi umani. Il senso intrinseco della propria finitezza fa sì che la mente mortale manchi di fiducia in se stessa e il rimedio per questa incertezza tormentosa è rivolgersi risolutamente a Dio, pronunciando le parole come fece il Salmista: «Anima mia, riposati in DIO solo, perché la mia speranza viene da lui» (Salmi 62:5).

Ci si potrebbe chiedere: «Ma come si fa a smettere di preoccuparsi?» Ecco l’occasione ideale per mettere in pratica il dominio dato da Dio di cui si parla nel primo capitolo della Genesi. Quello che pensiamo in questo preciso momento è determinato dalla nostra paura e dalle nostre scelte. Scegliamo determinati argomenti a cui pensare perché li riteniamo desiderabili, oppure ci concentriamo sul loro opposto perché crediamo di non poterlo evitare. «Quanto è importante, allora, scegliere il bene come realtà! L’uomo è tributario di Dio, Spirito, e nient’altro. L’essere di Dio è infinità, libertà, armonia e beatitudine illimitata» (Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, pag. 481). La Scienza Cristiana ci dice come mettere in pratica questo dominio, invece di consumare i nostri anni «in servitù a un padrone irreale» (ibid., pag. 226) come la preoccupazione.

Paolo scrisse a Timoteo: «Dio infatti non ci ha dato uno spirito di paura, ma di potenza, di amore e di una mente sana» (2 Timoteo 1:7 secondo la versione King James della Bibbia). Possiamo in questo stesso momento costringerci a invertire il senso di marcia, allontanandoci dall’oscurità e dal dubbio, dalla pianificazione febbrile e futile per dirigerci verso la luce. Possiamo pensare ora al bene che già possediamo, per quanto fievole il tentativo possa apparire, e continuare a farlo a partire da adesso; e la fedeltà che dimostriamo aumenterà la nostra capacità di discernere il bene ed eliminare il male. Possiamo assumere il controllo dei nostri pensieri in questo stesso momento e mantenere quel controllo. Possiamo insistere ora nel mantenere il nostro pensiero focalizzato sulla bontà e sull’amore di Dio – su pensieri felici, pieni di speranza, costruttivi, generosi, utili. Possiamo in questo momento e per tutti i tempi, smettere di preoccuparci ed avere fiducia in Dio.

Ne The First Church of Christ, Scientist, and Miscellany [La Prima Chiesa del Cristo, Scientista, e Miscellanea] (pag. 161) la nostra Leader scrisse con compassione: «A meno che la ragione umana non annebbi la comprensione spirituale, non dire nel tuo cuore: La malattia è possibile perché il pensiero e il comportamento di una persona non oppongono una difesa sufficiente contro di essa». Dire questo significherebbe confidare – credere e temere – nella sfiducia nella propria comprensione più che aver fiducia in Dio, non è vero? Dobbiamo avere fiducia in Dio con tutto il nostro cuore e smettere di dipendere dal nostro discernimento. Proprio questo è il rimedio alla responsabilità autoimposta e alla sfiducia in se stessi, e alla conseguente angoscia causata dalla preoccupazione. Avvalendoci di questo rimedio possiamo affermare con gloriosa sicurezza: «Ecco, Dio è la mia salvezza; avrò fiducia e non avrò paura!».


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