Come possiamo smettere di giudicare gli altri?

Può sembrare difficile, specialmente quando appare giustificato, non cadere in quell’attitudine mentale che critica e condanna.

Madora Kibbe

Da L’Araldo della Scienza Cristiana – 17 dicembre 2021 – Originariamente pubblicato sul numero del 6 dicembre 2021 del Christian Science Sentinel

La vita consiste nel giudicare e nell’essere giudicati? A volte sembrerebbe proprio di sì. Ci sono oggigiorno molteplici forum dove si esprimono opinioni e sentimenti, e il più delle volte sono solo critiche, pesanti e spesso ingiuste. 

Come si può smettere di giudicare o trovare difetti negli altri? E perché mai dovremmo desiderarlo? Cristo Gesù, la Guida di tutti noi, ci spiega il perché nel suo Sermone sul Monte: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6:37). 

Sono tante le ragioni per cui astenersi dal giudicare, noi stessi così come gli altri. E tuttavia può sembrare difficile, specialmente quando appare giustificato, non cadere in quell’attitudine mentale che critica e condanna, e che ci spinge a volte fino all’eccesso di «cancellare» (versione moderna del verbo ignorare, evitare) coloro che dicono o fanno qualcosa che disapproviamo o troviamo oltraggioso. 

Però Gesù non cancellò mai nessuno. Amava tutti allo stesso modo, i giusti come i malvagi. Sapeva che Giuda stava per tradirlo, ma lo invitò lo stesso alla cena; sapeva che Pietro lo avrebbe rinnegato per tre volte, eppure gli preparò poi la colazione e lo perdonò. Gesù non condonava né giustificava il male o il peccato, ma lo dissociava dalla reale identità spirituale del peccatore. Disse infatti: «Non giudicate secondo l’apparenza ma giudicate secondo giustizia» (Giovanni 7:24). 

Come possiamo farlo anche noi? Dando ascolto alla Regola d’Oro e trattando il prossimo allo stesso modo in cui vorremmo essere trattati noi; esprimendo l’amore puro che guarisce e che non giudica gli altri in rapporto a quello che percepiamo con i sensi fisici, ma a ciò che discerniamo con il senso spirituale.

La Scienza Cristiana insegna che la vita di Cristo Gesù fu una vita scientifica, nel senso che egli basò il suo giudizio su verità dimostrabili, sui fatti spirituali dell’essere. Insegnò che Dio è onnipotente, totalmente buono e che è l’unico creatore dell’universo; che la Sua creazione è spirituale e l’uomo è fatto a somiglianza di Dio ed è quindi senza peccato. Nella sua opera fondamentale, Scienza e Salute con Chiave delle Scritture, Mary Baker Eddy, la Scopritrice della Scienza Cristiana, scrive: «Gesù vedeva nella Scienza l’uomo perfetto, che a lui appariva proprio dove i mortali vedono l’uomo mortale peccatore. In quest’uomo perfetto il Salvatore vedeva la somiglianza stessa di Dio, e questa visione corretta dell’uomo guariva i malati» (pagg. 476-477). 

In effetti, Gesù vedeva le cose come esse sono realmente. Le sue guarigioni rivelavano che la vera natura dell’uomo è spirituale, l’espressione dell’Amore divino, Dio. Gesù distingueva il peccato dai peccatori e così li rimetteva sulla retta via. Poté predicare e mettere in pratica un amore incondizionato perché riconosceva che i figli di Dio sono senza peccato e hanno soltanto qualità degne di essere amate. Attenersi a questa visione spirituale degli altri significa seguire la Regola d’Oro e amare il prossimo come se stessi. Questo è l’unico modo per guarire ed aiutare veramente l’umanità.

Diverse volte nella mia vita ho visto il potere guaritore del nostro giudizio, quando si fonda su questa visione spirituale. 

Parecchi anni fa, quando prestavo servizio come bibliotecaria responsabile della Sala di Lettura della mia filiale della Chiesa del Cristo, Scientista, arrivò una mia amica, anch’essa membro della chiesa, mentre ero di turno. Parlammo per alcuni minuti e mi disse, con aria assai triste, che le sarebbe piaciuto tanto lavorare per la Sala di Lettura ma che non poteva perché aveva ripreso a fumare. Aspirava a trovare soddisfazione in Dio, Spirito, e a liberarsi così da questo vizio materiale. Riteneva che le sue opportunità di servire la chiesa, partecipando alle sue varie attività, sarebbero state limitate finché non avesse dimostrato di essersi completamente liberata dal vizio.

Ora, se devo esser onesta, non sopporto proprio il fumo e ammetto di essere stata a volte tentata di criticare i fumatori. Ma in questa circostanza non fui affatto tentata di giudicare o criticare, mentalmente o esplicitamente. Proprio per niente. Mi commossero la sua sincerità e la sua umiltà. Restammo sedute per alcuni minuti, condividendo un silenzio colmo di preghiera. Pregavo per capire la cosa giusta da dire e sono sicura che anche lei stava pregando. Stavamo entrambe riconoscendo, ognuna a modo suo, l’onnipresenza dell’amore onnicomprensivo, salvifico e guaritore di Dio.

E poi mi ritrovai a dire: «Beh, pensavi di fumare mentre eri in servizio»?

«Cosa»? esclamò la mia amica. (Neanche per un istante aveva pensato che sarebbe stato il caso di farlo).

«Perché ovviamente non abbiamo posacenere nella Sala di Lettura» le dissi. «Ma se desideri servire la chiesa» continuai «e se stai pregando per liberarti dal vizio (e m’aveva detto che lo stava facendo), allora non c’è niente che possa trattenerti. E non posso pensare a un posto migliore di questo in cui potresti stare». 

Benché le parole che mi erano uscite di bocca avessero sorpreso persino me, sembrarono essere la risposta alle nostre preghiere. Sollevarono il fardello di auto-condanna e di senso di colpa che gravavano sulle spalle della mia amica.

Venne così ad aggiungersi allo staff della Sala di Lettura, e poco dopo aver preso l’incarico il vizio del fumo sparì definitivamente. Mi raccontò che essere stata accolta a servire la chiesa senza venire criticata né da me né da nessun altro, aveva contribuito alquanto alla sua guarigione permanente. Altri membri della chiesa, sapendo che si stava affidando alla Scienza Cristiana per smettere di fumare, le avevano anch’essi dato il loro affettuoso sostegno. Mi venne da pensare che questa persona avrebbe probabilmente faticato a lungo, e magari avrebbe persino cessato di frequentare o di appartenere alla chiesa, se non avesse percepito quel tipo di sostegno. 

Il giudizio ingiusto, che ferisce invece di guarire, è radicato su un erroneo concetto materiale dell’uomo che alimenta la paura e il disprezzo nei confronti degli altri. Ci porta a voler giustificare le nostre azioni, le nostre opinioni o quello in cui crediamo; ci porta a voler dimostrare di avere sempre ragione e che gli altri sbagliano quando non sono d’accordo con noi. Questo modo di giudicare è fuorviante, è privo dello spirito dell’Amore divino e divide invece di unire. Di certo, non è convincente e non proviene dall’Amore, Dio. E Dio non ci permetterà di farla franca! La seguente strofa, tratta da una poesia di Mary Baker Eddy molto apprezzata, dichiara a proposito di Dio: 

Tu domi la volontà ostinata, 
Sani il cuore spietato, 
Fai tacere l’arroganza, 
Rompi l’insulso ozio terreno.
(«Pasci il mio gregge», Poems [Poesie]pag 14 e Inno 304)

L’arroganza non ha nulla a che fare col giudizio corretto perché quest’ultimo non ha alcun elemento dell’ostinatezza materiale o umana. Possiamo essere chiari e giusti su ciò che è giusto e sbagliato quanto lo fu Cristo Gesù, senza cadere nel pettegolezzo, nella critica e nella condanna. Possiamo amare invece di denigrare. Possiamo cominciare a trattare il prossimo come vorremmo essere trattati noi, con gentilezza, in modo compassionevole, con pazienza e perdonando. Ma s’incomincia col volerlo fare cedendo il passo alla volontà dell’Amore divino e giudicando nella maniera corretta. E questo è potente. È trasformativo. Porta alla guarigione.